Autore: Simone Celani
Nuova Cultura, Roma 2012
L'apparizione, tra XV e XVI secolo, delle prime, organiche grammatiche delle lingue volgari si connette strettamente ad un processo di origine politica, sfociato nelle famose “questioni della lingua”, ovvero nel dibattito che accompagnò la scelta della variante da assumere come principale o più rappresentativa, per l'uso letterario e non solo. Nel caso del Portogallo, una delle più antiche monarchie nazionali d'Europa, la cui unità territoriale è rimasta più o meno immutata dalla metà del Duecento ad oggi, la questione si configura in modo molto diverso rispetto all'Italia, e si concentra su due aspetti fondamentali: da un lato la standardizzazione, fonetica, ortografica e lessicale della lingua, di fronte alle opzioni e varianti che si presentavano nel Cinquecento; dall'altro la sua difesa nei confronti delle altre tradizioni nazionali e linguistiche apparentemente più accettate e considerate a livello europeo, prima fra tutte il castigliano. Tale fase coincise con il momento in cui il portoghese stava affrontando una nuova sfida, preparandosi a divenire, grazie alle esplorazioni oceaniche e alla colonizzazione extra-europea, una delle lingue più parlate al mondo. La lingua raccontata e descritta dai primi grammatici portoghesi è il punto di partenza per comprendere la ramificazione successiva di un idioma destinato ad esprimere un'ampia messe di nuove culture. Nel passaggio dal milione di parlanti del Cinquecento agli oltre duecento milioni attuali è necessario riconoscere il ruolo di coloro che, per primi, seppero valorizzare la lingua portoghese, aprendo la strada ad una nuova, secolare tradizione che oggi può comprendere nel suo novero nomi come Camões e Pessoa, Drummond de Andrade e Guimarães Rosa, Luandino Vieira e Mia Couto.
Collana Lusobrasiliana 2 – ISBN 9788861348417 – pagine 118